Un film da vedere: Grazie Ragazzi!

Ho visto un film particolare e che mi ha colpito molto, si intitola “Grazie Ragazzi”. Si tratta di un lungometraggio che mi ha portato indietro nel tempo ad una vita che tutto sommato ho amato ma che mi ha tradita e lasciata con il rammarico di non poterla più recuperare... Il film tratta le vicende di cinque detenuti, ognuno con le sue colpe più o meno gravi, che hanno la fortuna e l'audacia di cimentarsi in un corso di teatro con un ex attore professionista interpretato da Antonio Albanese. Dopo un timido e quasi disastroso inizio, l'insegnante decide di mettere in piedi uno spettacolo vero e proprio. Grazie anche al suggerimento dei detenuti, persone abituate all'attesa giornaliera di qualcosa, sceglie “Aspettando Godot” di Samuel Beckett. Godot è proprio l'emblema dell'attesa di qualcosa che non arriva, che non torna o forse non esiste. Durante l'attesa succedono tante cose e non succede nulla. Questo è il teatro dell'assurdo: qualcosa che c'è, non si vede ma si sente. A differenza dei detenuti io vedo il teatro come forma di libertà, è stata una parte molto importante della mia vita e, come per i personaggi del film, in qualche modo salvifica poiché mi ha aiutato a rinascere da una situazione difficile. Sono cresciuta, ho potuto capire cosa si adattava a me e cosa invece era assolutamente da escludere. E' stato un percorso tutto sommato positivo e formativo. Il teatro è qualcosa di personale, intimo, che ci cambia e che rimarrà sempre in noi. Nel film invece il teatro è considerato solamente un'espediente per alleggerire una situazione difficile, una sospensione dalla vita reale. Quando però i detenuti capiscono che è arrivata la loro ultima esibizione e dopo aver assaporato la libertà di trovarsi fuori da un regime carcerario grazie ad un lungo tour di successo, scappano. Vogliono uscire da quel sistema e vorrebbero una sorta di clemenza, di riscatto e ricompensa. Tutte cose che ovviamente non arrivano. In qualche modo il sistema li ha sfruttati senza appagarli davvero, perché il teatro è libertà ma non in maniera assoluta. E' facile essere guidati, interpretare qualcun altro quando si è liberi di scegliere. Ma quando si torna alla realtà diventa difficile affrontarla ed è qui che il teatro ci deve insegnare che non importa quanti personaggi interpretiamo perché la nostra personalità è unica e sola. Siamo noi artefici del nostro destino ma possiamo comunque trarre beneficio da altre esperienze. Ma quando non si ha più la libertà per errori pregressi e improvvisamente la si riassapora diventa difficile scegliere la via giusta, soprattutto quando la strada ci viene sbarrata a priori. In questo tipo di società il carcere è punizione, non rinascita. Un passaggio in particolare mi ha fatto pensare a questo concetto più precisamente il finale del film Alla fine i detenuti evadono, non si presentano all'ultimo spettacolo in un prestigioso teatro, sarà l'insegnante a farne uno improvvisato, un monologo dove elogerà i ragazzi e l'impegno che loro ci hanno messo. Tuttavia questo non gioverà ai detenuti, loro torneranno in galera, mentre il loro insegnante tornerà nel mondo teatrale come attore. A tal proposito a mio parere c'è un altro sotto-testo all'interno del film ovvero che in questo caso il teatro non ha aiutato, non ha rieducato o alleviato una situazione già complicata. E' come se il messaggio finale del film fosse: “puoi far finta di essere chi vuoi ma sarai un detenuto per sempre, il sistema ti offrirà uno spiraglio ma non ti aiuterà davvero”. Nonostante tutto, il film è romantico e affronta il mondo del teatro in modo eccellente perciò ve lo consiglio.

Un saluto “teatrale” a tutti,

La vostra Blogger,

Giulia

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