L'INCONTRO DEL DESTINO
L’INCONTRO DEL DESTINO
DI GIULIA DE NUCCIO
Mi aveva lasciato da sola, al buio, senza parole senza futuro e su una panchina umidiccia e maledettamente fredda. Sembrava di essere seduti su un ghiacciaio in scioglimento. La pioggia aveva deciso di cadere proprio in quel momento, si dice che sia la pipì degli angeli, ma proprio in quel momento dovevano svuotare la loro vescica angelicata? Io cosa c’entravo? Ero colpevole di qualche misfatto imperdonabile? Mi ero vestita di tutto punto, un altro appuntamento in due giorni non capita di frequente, insomma non che io non ne abbia mai avuti, ma questo era speciale o meglio più bello di quello della sera precedente.
Ripensando a quella sera sorrisi, ero stata davvero
abile! Lo avevo scaricato proprio bene!
Ero andata a cena in un ristorante di
lusso con un magnifico industriale del nord, macchina cabrio, smoking e gran
bel sorriso, ma il tutto finiva lì, nel
suo bel sorriso, era vuoto come il vaso di Pandora dopo la sua apertura e
quello che ne era uscito era una castastrofe. Aveva passato il suo tempo, anzi
il nostro tempo, a parlare di quanto fosse bella e scattante la sua auto, io lo
avevo ascoltato con educazione, ma alla spiegazione della potenza dei suoi
pistoni, ho smesso, era veramente troppo, non ne potevo più.
“Ferma la macchina immediatamente!”
dissi con fermezza
“Come? Che succede? Ti senti male?”
“Sto benissimo, ferma questa
maledettissima macchina, voglio scendere ora!”
“Lascia che ti porti a casa, chery!”
“Nemmeno se fosse l’ultima auto al mondo
disposinibile!”
Scesi dalla macchina e lo abbandonai lì,
con il volto incredulo e nemmeno tanto dispiaciuto. Il suo ego forse lo era, ma
non di certo lui, e dire che quella sera avevo messo le mie scarpe griffate
preferite.
Mi incamminai verso casa, per fortuna
non ero andata molto lontano, quando ad un tratto si avvicinò un uomo, era
alto, moro e con due occhi azzurri
lucenti come fari.
“Hey Mary, sei tu?” disse con voce
suadente.
Lo guardai incredula, quella voce così
bella, non poteva che essere lui, il mio principe azzurro.
“we se mua’, ma che piacere incontrarti
Alex!” dissi con disinvoltura.
“Come stai? Ti trovo bellissima! Quanto
tempo ti ricordi?”
“Certamente!” risposi senza troppa
convizione.
“Che
ne dici di vederci domani sera, al parco alle 20:00? Di notte è davvero bello!”
Pensai che una serata peggiore di quella
appena trascorsa non poteva di certo capitarmi, perciò senza troppi convenevoli
risposi: “Sarebbe un piacere!”
Il problema era che mi ricordavo il suo nome, ma non dove l’avevo consociuto e
tanto meno chi fosse davvero, ma in fondo cosa poteva capitarmi? Da qualche
parte lo avevo pur incontrato?
E adesso mi trovavo lì su quella
panchina puzzolente! Come aveva potuto fare una cosa del genere proprio a me? Mi
alzai e innavertitamente urtai qualcosa di rigido che non avevo notato, un
piccolo tonfo mi fece capire che lo avevo fatto cadere.
Era un piccolo taccuino con la copertina
nera e cartonata, lo raccolsi. “Che schifo!” pensai. La pioggia lo aveva
bagnato almeno esternamente. Lo presi con l’indice ed il pollice, stando bene attenta
a non farlo cadere sulle mie fantastiche scarpe jimmie choo. Ma cosa ci faceva
un taccuino sulla panchina di un parco?
Ero curiosa, lo aprii, le mani me le
sarei lavate più tardi!
Cominciai a leggere..
“Cara
Mery,
Stai
leggendo vero? Beh se questo piccolo libriccino è capitato tra le tue esili
dita, vuol dire che ti ho rincontrata finalmente! Penserai che io sia bello ed
elegante, beh il tempo migliora le persone! Ovviamente non ti ricorderai dove
mi hai visto, ma ti ricorderai di questa sera!
Ricordi
Alex? Il cicciobombo? Quello con gli occhiali e trenta kg di troppo che ti
chiese di andare al ballo della scuola timidamente ed educatamente e ricordi
anche di aver accettato?
Si
sono proprio io! Beh, se ti ricordi di me, ricordi anche com’è andata a finire..
Ti
aspettai per ore, avevi detto che ci saremmo visti all’incrocio, prima di arrivare all’ingresso della scuola, a quell’incrocio tu non arrivasti mai. Il
giorno dopo la scuola era cosparsa di manifesti con una vignetta dove tu mi
schiacciavi con un piede come un moscerino e sotto una scritta ben in vista
diceva “NON SI INVITA LA Più POPOLARE DELLA SCUOLA SE SEI UNO SFIGATO!”
In
bocca al lupo Mery, la panchina non è di tuo gradimento? Fa nulla, non si
invita l’uomo più popolare se sei una sfigata!
A
mai più rivederci,
Alex!”
Guardai le mie favolose scarpe, mi consolai, almeno
loro non potevano tradirmi. Mi alzai e me ne andai, giurando a me stessa che
nessuno mi avrebbe mai più abbandonato in quel modo!
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